Il toponimo Miratoio deriva dal latino volgare “miratorium” che si traduce con “osservatorio” ma anche “belvedere o poggiolo” . Il panorama è infatti superbo. Castrum Miratorii fu la prima denominazione di questo insediamento ed è certo quindi che i primi abitanti credettero opportuno incastellarsi in questo luogo che ben si prestava alla osservazione ed alla difesa. Le prime notizie storicamente certe risalgono al 1123, quando Ranieri di Carpegna acquistò il castello con i relativi possedimenti. Della cinta muraria dell’antica fortificazione rimangono pochi ruderi. Le case del borgo si snodano davanti ad una grande roccia di arenaria chiamata il Castello che conserva tracce di insediamenti protostorici.
Date le caratteristiche morfologiche del territorio, si trovano numerose grotte: “la Tana Buia”, “la Grotta del Beato Rigo”, “la Grotta del Barlac”, “la casa dei pipistrelli”. Rinomate sono le cave di pietra, e l’abilità dei suoi scalpellini.
Di interesse artistico è la chiesa conventuale di S. Agostino edificata nel 1127. Pregevoli il portale gotico in pietra e le tracce di antichi affreschi nell’interno. Vi sono conservate le ossa del Beato Rigo, un padre agostiniano vissuto a Miratoio nel XIV secolo e che morì in concetto di santità.

LE GROTTE

Nei pressi dell’antico Miratoio (il Castrum Miratorii) sono accatastate alcune piccole grotte, la cui origine non è legata a fenomeni carsici veri e propri. Il poggio di Miratoio è costituito infatti da roccia prevalentemente arenacea, intensamente fratturata ed oggetto di crolli che hanno determinato la presenza di cavità ben note e storicamente frequentate.

“Tana di Barlaccio” o “Antro di Barlac'”
E’ una grotta posizionata sul versante Nord del rilievo denominato “i Morroni” , strapiombante verso Cà La Petra, a circa 900 m. s.l.m, sotto l’antico Miratoio. Ha ingresso di forma trapezoidale ed è dovuta alla presenza di una importante frattura che ha profondamente governato la disarticolazione della formazione rocciosa. L’intersezione fra il piano di frattura ed altre superfici di debolezza, quali quelle di stratificazione o di altre litoclasi di minore estensione, ha agevolato il collasso di blocchi rocciosi, determinando buona parte della cavità. Al termine della II guerra mondiale, la grotta è stata il rifugio per alcuni soldati sloveni fuggiti da un campo di prigionia in Anghiari e dunque letteralmente nutriti, per più mesi, dalla gente di Miratoio.

Grotta del “Beato Rigo”
E’ la cavità più nota poiché la tradizione vuole sia stato il ricovero e luogo di penitenza dell’eremita Agostiniano Beato Rigo (Arrigo o Rigo o Enrico, così diversamente indicato nelle fonti), vissuto nel XIV secolo.
All’interno della grotta si rileva un gradino a guisa di inginocchiatoio.
Anziani residenti testimoniano che, prima di alcuni crolli, la grotta sarebbe stata molto più sviluppata.

Grotta della “Tana Buia”
E’ caratterizzata da due impervi e scomodi ingressi.
Da quello verticale si accede con fatica e solo tramite apposita attrezzatura. Durante la II guerra mondiale, la grotta divenne luogo di ricovero per i beni delle famiglie di Miratoio che furono costrette ad abbandonare temporaneamente il borgo (1944).

Nell’area limitrofa esistono altre cavità minori, difficili da esplorare, i cui rilievi sono in via di definizione. Testimoni raccontano di un’altra grotta denominata “Spacco del diavolo” o “Grotta dei pipistrelli” , lunga almeno 40 metri, posizionata a quota 865 m. s.l.m. al di sopra dell’attuale borgo, ma con accesso ostruito da detrito.

LE GROTTE SONO AMBIENTI MOLTO PERICOLOSI. LA NORMATIVA REGIONALE VIETA DI ACCEDERE ALLE CAVITA’ SENZA AUTORIZZAZIONE E SENZA LA GUIDA DI PERSONALE QUALIFICATO